Razzismo, modernità e uomini della provvidenza
Ieri, alla radio, un importante storico, disgraziatamente di sinistra, ha argomentato sulle pericolose componenti fasciste presenti oggi nella nostra società, individuate nella fattispecie nell’odio e nella discriminazione razziale. In realtà, la discriminazione razziale esisteva in Europa molto tempo prima del fascismo, continua poi ad esistere dopo, in regimi e culture molto diversi – per esempio, l’antisemitismo all’interno del mondo sovietico staliniano o la legislazione di discriminazione razziale negli Stati Uniti, vigente fino a pochi anni fa: è difficile pensare che in questi due casi si tratti di presenza dell’ideologia fascista, a meno che non si voglia diluire un concetto storico rendendolo onnipervasivo, vale a dire confuso.
Il razzismo precede il fascismo, e lo precede come fenomeno moderno. Nella storia europea ha un’origine religiosa nella forma dell’antisemitismo; però, nel medioevo, questa discriminazione non è legata al sangue. Per un pregiudizio teologico, si riteneva che il credente nella religione ebraica fosse colpito da una maledizione divina e dovesse essere condannato ed esecrato, ma ciò attiene alla fede, non al sangue. Quando, nel Mercante di Venezia, l’ebreo Shylock, dopo indicibili persecuzioni, decide di battezzarsi, l’ostilità nei suoi confronti cessa e gli vengono restituiti averi e onori.
Si tratta di una situazione radicalmente diversa da quella che si verifica in Spagna a partire dai re cosiddetti cattolici, quando nei confronti del converso (convertito) alla religione cristiana vengono mantenute, se non aggravate, le discriminazioni, sulla base della considerazione (materialista e scientifica, si badi) che è il sangue a trasmettere le virtù. E siccome queste non sono presenti nell’ebreo, è giocoforza che non si trovino neanche nel converso. Antón de Montoro, brillante poeta del XV secolo, scriveva alla regina Isabel lamentandosi ironicamente del fatto che, dopo la sua conversione al cattolicesimo, la sua situazione era peggiorata: i vecchi correligionari lo consideravano un traditore, e i nuovi continuavano a disprezzarlo.
Il primo grande supporto culturale al razzismo viene dal razionalismo del XVIII secolo, quando la sua svalutazione di tutto ciò che non è razionale e more geometrico si proietta sull’organizzazione delle società: risulta allora che tutti i sistemi politici precedenti le costituzioni illuministe sono inferiori. Questa inferiorità è accentuata dalla crescita dell’idea progressista che, definendo una linea nel cammino evolutivo dell’umanità, pone la civiltà europea al vertice e considera tutte le altre arretrate, fornendo peraltro una giustificazione ideologica al colonialismo. Infine, il tipico caos mentale dei romantici aggiunge al quadro la mistica della terra e del sangue, il genio delle nazioni, e altre idiozie. Morale della favola: De Gobineau appartiene totalmente alla cultura moderna e la discriminazione razziale è un ingrediente strutturale della modernità borghese.
Se si volevano trovare elementi di continuità tra il nostro tempo e il fascismo storico (continuità che assume la forma di un nuovo modo di organizzare elementi, che nella forma vecchia e nostalgica non esistono più), sarebbe stato più proficuo analizzare la relazione tra governo e ideologia. Nel fascismo storico, il governo non applica un’ideologia, come avviene nel comunismo o nel socialismo, in cui il leader è appunto chiamato “segretario”, bensì segue una linea che viene “dettata” da una “duce”, ovvero guida, indicatore del cammino, per il quale il dibattito ideologico ha al massimo un valore consultivo e viene collocato all’interno di un partito unico, che funge da contenitore delle più varie posizioni e prospettive. Le ideologie servono solo per costruire il consenso, peraltro marginale rispetto a una propaganda centrata sull’immagine esaltata del leader, promossa a reti unificate; e tutto ciò che resiste alla costruzione del consenso subisce una pesante discriminazione. Nel fascismo il dissenso era represso in modo violento; oggi la repressione violenta è inversamente proporzionale alla capacità di condizionamento televisivo e mediatico.
Questa struttura è l’essenza del fascismo:un leader per acclamazione, grazie alla sua superiore e provvidenziale capacità, un sostegno politico variegato, ma di sfondo, una delega in bianco riguardo ai programmi. Si tratta della stessa struttura che si è realizzata negli ultimi decenni in Italia, diventato quasi strutturale, una vera e propria costituzione materiale che ha svuotato quella formale, e che vede il continuo susseguirsi di capi di governo che vengono laureati come geni e benefattori provvidenziali dagli scriba dei principali organi di informazione.
Il pericolo non è il vecchio fascismo residuale nel nostro tempo, ma è lo svuotamento della democrazia realizzato anche agitando lo spauracchio del pericolo fascista, dell’emergenza, del cattivi che minacciano la tranquilla vita del cittadino onesto e rispettoso, con una pandemica diffusione di disinformazione.